Un’emergenza sanitaria ancora in corso
Cia-Agricoltori Italiani chiede al Governo un intervento immediato con risorse finanziarie adeguate per affrontare l’emergenza della peste suina africana (PSA). I fondi stanziati finora, seppur apprezzabili, non bastano a coprire i gravi danni subiti dagli allevamenti, né a sostenere la riapertura delle aziende agricole colpite. A più di due anni dai primi focolai, il settore è ancora in forte sofferenza.
53 focolai e aziende a rischio chiusura permanente
La PSA è una delle peggiori crisi sanitarie per la zootecnia italiana: sono 53 i focolai accertati negli stabilimenti suinicoli.
Molti allevamenti sono ancora chiusi a causa delle restrizioni sanitarie, mentre i cinghiali continuano a diffondere il virus, aggravando la situazione.
Danni economici e filiera sotto pressione
“Non possiamo permetterci di perdere altre aziende – spiega il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini –. Troppe imprese rischiano di non riaprire mai più. Le risorse stanziate fino ad ora non sono sufficienti per un vero piano di risanamento”.
Oltre alle perdite dirette per gli allevatori, l’emergenza minaccia l’intera filiera suinicola italiana, che conta 26 mila aziende e un valore economico complessivo di oltre 13 miliardi di euro tra produzione e trasformazione.
La richiesta di Cia: più sorveglianza, biosicurezza e contenimento
Cia chiede un’azione urgente e coordinata, che preveda:
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Fondi adeguati per indennizzare i danni e favorire la ripartenza degli allevamenti;
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Rafforzamento della sorveglianza sanitaria e della raccolta delle carcasse infette;
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Miglioramento delle misure di biosicurezza e contenimento, soprattutto in vista della stagione riproduttiva dei cinghiali.
“È in gioco il futuro di migliaia di imprese e la sicurezza della nostra filiera agroalimentare – afferma Fini –. Serve una risposta forte, che dia fiducia a chi continua a investire nel proprio lavoro nonostante tutto”.