Fini: “La legge attuale è insostenibile. Bene il nuovo Ddl, ma servono indennizzi certi e governance unitaria”
Una normativa obsoleta che penalizza l’agricoltura
L’emergenza fauna selvatica continua a crescere e con essa l’urgenza di una riforma strutturale della legge 157/92. È il messaggio portato in audizione al Senato da Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, che ha sottolineato l’insostenibilità dell’attuale normativa, ormai del tutto inadatta a tutelare le imprese agricole e i territori rurali.
Durante l’audizione congiunta delle Commissioni VIII e IX, Fini ha ribadito la necessità di un cambio di passo concreto, capace di rispondere all’allarme crescente che unisce tutto il Paese, dal Nord al Sud. «Il quadro normativo vigente non è più in grado di affrontare il problema, che ormai compromette produzioni, sicurezza aziendale e vivibilità delle aree interne», ha detto.
Agricoltori parte attiva nei piani di contenimento
Il presidente Cia ha espresso apprezzamento per l’impianto generale del nuovo disegno di legge, in particolare per il riconoscimento del ruolo attivo degli agricoltori nella gestione della fauna. Secondo Fini, è cruciale che gli imprenditori agricoli, opportunamente formati e abilitati, possano partecipare direttamente ai piani di contenimento, soprattutto in situazioni emergenziali.
Positiva anche la previsione di un rafforzamento degli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia), con una maggiore apertura alla collaborazione con il mondo agricolo. Una sinergia che, se ben strutturata, può contribuire in modo efficace alla tutela delle produzioni e alla salvaguardia del territorio.
Governance coordinata e regole chiare
Per affrontare la questione con efficacia, serve però superare la frammentazione attuale. Fini ha invocato l’istituzione di una cabina di regia unica, in cui sia presente anche la rappresentanza agricola, capace di coordinare le azioni tra Regioni, Province, forze dell’ordine e gestori delle aree protette.
Solo una gestione pianificata, con responsabilità e ruoli ben definiti, può trasformare la riforma in uno strumento operativo utile sia all’ambiente che all’agricoltura.
La grande assente: una vera politica sugli indennizzi
Un punto debole dell’attuale proposta di riforma, secondo Cia, è l’assenza totale di interventi sul fronte degli indennizzi. Fini ha ricordato che i danni provocati dalla fauna selvatica raggiungono oggi cifre comprese tra i 50 e i 60 milioni di euro l’anno, colpendo in particolare le aree interne e montane. Eppure non esistono procedure risarcitorie chiare, omogenee o automatizzate.
Per questo, la Confederazione chiede di istituire un sistema nazionale semplificato, basato su criteri uniformi, su una quantificazione oggettiva dei danni e su compensazioni fuori dal regime de minimis. A supporto, ha proposto finanziamenti mirati per interventi strutturali, come recinzioni, dissuasori e piani straordinari per la messa in sicurezza delle zone più vulnerabili.
Un equilibrio tra ambiente e produttività
«Siamo a un bivio storico», ha concluso Fini. La sfida che il Parlamento ha davanti è quella di costruire una riforma equilibrata, che riconosca pari dignità alle esigenze ambientali e alle necessità produttive. Solo ascoltando chi ogni giorno presidia i territori – agricoltori, allevatori e imprese locali – si potrà dare una risposta efficace e duratura a un problema che è diventato strutturale.