L’organizzazione agricola rilancia l’appello nazionale e sottolinea l’urgenza di tutelare il grano calabrese, risorsa strategica per pane, pasta e prodotti tipici del territorio
La CIA Agricoltori Italiani della Calabria rilancia l’appello del nazionale per difendere il granaio Italia, evidenziando come la questione sia centrale anche per il nostro territorio. La cerealicoltura calabrese, con la produzione di grano duro e la trasformazione in filiere corte, rappresenta una ricchezza economica, culturale e identitaria che va protetta da speculazioni e concorrenza sleale.
Il grano duro calabrese come motore dell’economia agricola e base delle eccellenze territoriali
La Calabria è terra di grano da secoli: le coltivazioni si estendono dall’altopiano silano al Marchesato crotonese, offrendo condizioni pedoclimatiche ideali per varietà di pregio come il Senatore Cappelli e altri grani antichi. Queste produzioni alimentano non solo la filiera industriale, ma anche piccoli molini e panifici che custodiscono tradizioni uniche.
Pane di Cerchiara di Calabria De.Co., Pane di Cutro e altri pani inseriti nei PAT regionali dimostrano come il grano non sia soltanto una coltura agricola, ma un elemento di identità collettiva. Difendere il grano calabrese significa dunque salvaguardare lavoro, cultura alimentare e paesaggi rurali.
Contratti di filiera, prezzi equi e tracciabilità: le richieste della CIA Calabria per un settore competitivo
La CIA Calabria richiama l’urgenza di garantire strumenti concreti a sostegno dei cerealicoltori: contratti di filiera pluriennali, prezzi che coprano i costi di produzione, più trasparenza nelle quotazioni e un rafforzamento della tracciabilità. Solo così si può rendere competitivo il grano calabrese rispetto alle importazioni a basso costo, che mettono a rischio il futuro delle aziende agricole e delle comunità locali.
«Non è solo una battaglia economica – sottolinea la CIA – ma un impegno per la dignità degli agricoltori e per la sicurezza alimentare dei cittadini». Per questo l’organizzazione chiede alla politica regionale e nazionale di investire su innovazione, giovani e sostenibilità, affinché la cerealicoltura diventi leva di sviluppo duraturo.
Dalla Sila al crotonese, un patrimonio cerealicolo che unisce biodiversità, tradizione e turismo enogastronomico
Oltre alla produzione di grano duro, la Calabria custodisce un patrimonio di biodiversità che va dal farro al mais autoctono, passando per varietà locali recuperate grazie a progetti di ricerca. Questa ricchezza, unita alle filiere corte e ai marchi di qualità (PAT e De.Co.), offre opportunità anche per il turismo enogastronomico, sempre più attento a esperienze autentiche.
La CIA Calabria sottolinea che valorizzare il grano significa rafforzare il brand Calabria nel panorama agroalimentare nazionale e internazionale, puntando sulla tipicità dei prodotti da forno e della pasta artigianale come ambasciatori del territorio. Difendere il granaio Italia in chiave calabrese vuol dire dunque custodire la storia agricola e costruire futuro per le nuove generazioni.
Il presidente Fini sul report Ismea: “Servono misure urgenti, a partire dalla corretta applicazione di Granaio Italia”
Il grano italiano viene pagato meno del suo costo di produzione. È un’ingiustizia che gli agricoltori denunciano da tempo e che oggi trova conferma anche nei dati ufficiali di Ismea: coltivare frumento duro e tenero, pilastri del Made in Italy e della Dieta mediterranea, significa lavorare in perdita. Cia-Agricoltori Italiani lancia un allarme chiaro: basta con l’indifferenza, servono subito misure concrete per salvare il grano e chi lo produce.
In particolare, osserva Cia riportando i numeri Ismea, per il grano duro in Puglia, Sicilia e Basilicata il prezzo medio è di 295 euro a tonnellata contro costi pari a 318 euro a tonnellata (-7%). Nelle Marche e in Toscana il prezzo medio è di 296,5 euro a tonnellata a fronte di costi di 302,9 euro a tonnellata (-2%). Situazione appena meno critica per il grano tenero: negli areali del Centro-Nord il prezzo medio è di 236,3 euro a tonnellata contro costi di 232,5 euro a tonnellata, con un margine positivo molto risicato (+2%).
Nonostante una produzione 2025 in leggera crescita (3,8 milioni di tonnellate di duro rispetto al minimo storico 2024 con meno di 3,5 milioni di tonnellate), l’aumento costante dei costi di produzione e la contrazione delle superfici coltivate a tenero (498.000 ettari, sotto la soglia anche psicologica dei 500.000) continuano ad aggravare le difficoltà strutturali del settore.
Inoltre, Cia ricorda come ormai oltre il 45% del grano duro e quasi il 70% del tenero provengano dall’estero, con un impatto diretto sui prezzi e sulla tenuta della cerealicoltura nazionale. Ed è per questo che è fondamentale, in questo scenario, la corretta applicazione di “Granaio Italia”, fortemente voluto dalla Confederazione, che possa garantire maggiore trasparenza sull’import e tutelare i produttori.
“Gli agricoltori lavorano con margini inesistenti -ribadisce il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini- e senza provvedimenti urgenti le superfici coltivate a grano duro e tenero diminuiranno drasticamente. Le conseguenze sarebbero gravissime sul piano economico, sociale, ambientale e paesaggistico, soprattutto nelle aree interne. Difendere il grano italiano significa proteggere il Made in Italy e la sicurezza alimentare del Paese”.