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La propagazione del batterio in Puglia e i casi emergenti in Basilicata chiamano la Calabria a reagire in tempo, consolidando strategie preventive e un fronte comune istituzionale

La recente individuazione di 47 ulivi infetti a Cagnano Varano, nel Gargano, rappresenta un punto di svolta negativo nella diffusione della Xylella fastidiosa. La malattia, che ha colpito duramente il Salento dal 2013, dimostra di non arrestarsi: le condizioni climatiche favorevoli e la mobilità degli insetti vettori suggeriscono che la Calabria non può più considerarsi “zona franca”. Anche la Basilicata, con la presenza di sottospecie del batterio in prossimità dei confini pugliesi, mostra come l’infezione possa penetrare da settori contigui, aumentando il rischio per i territori olivicoli calabresi. In questo contesto, il mondo agricolo calabrese, le istituzioni regionali e centrali e le strutture tecniche sono chiamati a stabilire un programma di prevenzione attiva che anticipi l’epidemia, anziché rincorrerla.

Una regione strategica nel mirino del batterio

La Calabria vanta una delle più antiche e raffinate tradizioni olivicole italiane, dove cultivar come la Carolea, la Roggianella o la Ciciarello costituiscono non solo una risorsa economica, ma anche culturale e paesaggistica. Questa eredità la rende essenziale e al tempo stesso vulnerabile. Le mappe di rischio agronomico mostrano che molte aree della regione – in particolare le fasce collinari e le zone costiere con clima mite – sono compatibili con la sopravvivenza e la diffusione del batterio. È un dato che non lascia spazio all’improvvisazione: ogni azione deve partire ora, con decisione e coerenza.

Strategie di difesa: prevenzione, sorveglianza e gestione condivisa

Dal fronte sperimentale e dai territori pugliesi emergono indicazioni che in Calabria dovrebbero diventare prassi consolidate. Il monitoraggio continuo, con controlli mirati e analisi fitosanitarie su piante sospette, è la prima barriera efficace. Qualora si individuino piante infette, l’azione tempestiva di eradicazione e l’istituzione di zone tamponi circostanti possono impedire che il batterio si diffonda. Contemporaneamente, intervenire sui vettori – in particolare la Philaenus spumarius, la “sputacchina” – con interventi agronomici (lavorazioni leggere superficiali, diserbo programmato) e trattamenti mirati è fondamentale per ridurre la pressione infettiva.

Un altro pilastro è la gestione del verde spontaneo e delle piante ospiti. Terreni incolti, bordi di strade, fossi e aree non curate offrono habitat ideali per il vettore; mantenerli puliti e ben gestiti è un impegno che deve riguardare non solo gli agricoltori, ma anche le amministrazioni locali e gli enti territoriali. In questo senso, la prevenzione è una responsabilità collettiva.

Ruolo strategico dei vivai certificati e della filiera vivaistica

In un contesto di rischio crescente, i vivai che operano con materiali certificati e sani diventano un presidio fondamentale. Abbiamo vivai anche in Calabria che storicamente rappresentano un punto di riferimento importante per gli agricoltori: producono piante certificate, garantiscono qualità genetica e fitosanitaria e sono impegnati da generazioni nell’evoluzione tecnica del vivaismo.

Nel merito, per Maria Grazia Milone, Presidente di CIA Agricoltori Italiani Calabria Centro, “la qualità è lo strumento per superare le difficoltà e vincere le sfide insieme. Il vivaio è punto di partenza della filiera produttiva agroalimentare, per cui per ottenere produzioni di qualità è necessario partire da piante di qualità. Per piante di qualità intendo piante certificate, cioè sane e certe dal punto di vista genetico. Queste sono garanzie necessarie che un imprenditore agricolo deve avere per fare un impianto remunerativo, che duri nel tempo, che abbia bisogno di minori input e che produca di più e meglio.

Rafforzare la filiera vivaistica certificata in Calabria non è idea marginale, ma misura concreta di difesa.

In Calabria si producono piante all’interno del sistema Qualità Vivaistica Italia (QVI), livello di qualità più alto in Italia e in Europa, garanzia di sanità per tutto il comparto agricolo e non solo, che vorremmo ci fosse ancora garantita dall’assenza di questi patogeni da quarantena.

Ma perché tutto questo sia efficace i vivai certificati hanno bisogno di un lavoro sinergico, con i servizi fitosanitari regionali, che non hanno solo un ruolo di controllo, ma rappresentano la garanzia per l’intera agricoltura, non solo quella regionale, visto il contesto.

Ruolo strategico in questa sfida è affidato al servizio fitosanitario regionale, il quale con un attento e capillare monitoraggio potrebbe scongiurare la presenza del batterio e/o tempestivamente individuare ed eradicare un primo focolaio. Per fare questo, però, è necessario che al Servizio Fitosanitario Regionale, da anni sottodimensionato, venga riconosciuto il ruolo che ricopre e le diverse funzioni che svolge. È necessario che questo comparto venga potenziato: avere un numero maggiore di ispettori, maggiori risorse e un dirigente dedicato.

Impegno politico e sistema delle istituzioni

La lotta alla Xylella non può essere delegata solo agli agronomi e agli agricoltori: serve una mobilitazione istituzionale forte. Cia Agricoltori Italiani della Calabria sostiene la nomina di un Commissario straordinario nazionale dotato di poteri semplificati e risorse dedicate, capace di coordinare le misure su scala nazionale e regionale. È imprescindibile che la Regione Calabria, attraverso gli assessorati competenti, istituisca un piano regionale d’emergenza, con protocolli sanitari aggiornabili e tempestivi. Occorre inoltre che il Governo centrale riconosca alla Calabria lo status di regione “a rischio elevato” e attivi fondi straordinari di sorveglianza, ricerca e compensazione in caso di danni. Il dialogo con l’Unione Europea deve tradursi in finanziamenti aggiuntivi per la regione che sarà bersaglio imminente del batterio.

La Calabria ha oggi l’occasione, forse l’ultima, per mobilitarsi prima che l’infezione varchi i suoi confini, ammesso che non lo abbia già fatto, visto che finora non sono stati fatti controlli sufficienti per asserire questo con sicurezza. Il comparto olivicolo regionale, la cui crescita negli ultimi decenni è stata costante, rischia di subire danni irreparabili. L’avvento del batterio e il diffondersi della malattia impatterebbero sulla tradizione, la bellezza del panorama e sull’economia che si basa in modo consistente sull’olivicoltura. Non possiamo permettere che i nostri associati, olivicoltori e vivaisti, vivano nel terrore che quello che fanno con dedizione e passione possa finire da un momento all’altro e possano vedere in fumo anni di sacrifici e investimenti. Difendere gli ulivi significa difendere intere comunità rurali, preservare un paesaggio denso di identità e garantire occupazione qualificata, oltre che dare seguito a una filiera consolidata che produce prodotti di eccellenza e coinvolge diversi settori. Questo non è solo un problema agricolo.

Per il presidente regionale Nicodemo Podella, quando la difesa è messa in moto oggi, con responsabilità e visione collettiva, si può sperare di evitare che la Xylella tenga il destino della Calabria nelle sue spire. La chiamata è alle istituzioni, agli agricoltori, alle filiere, e alla stessa società civile affinché, insieme, costruiscano una barriera di prevenzione che salvi il nostro patrimonio verde dalle ombre di un batterio implacabile.

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