Dazi Usa, l’export agroalimentare italiano rallenta. Cia: perdita di 282 milioni e quarto mese consecutivo in calo
L’analisi dell’Ufficio Studi di Cia sui dati Istat evidenzia un peggioramento strutturale. Fini: crisi ormai evidente, servono interventi urgenti per difendere la presenza sul mercato americano
La frenata dell’export agroalimentare italiano verso gli Stati Uniti si consolida e diventa un segnale strutturale di allarme. A settembre le vendite del Made in Italy alimentare oltre oceano registrano un -11%, proseguendo un trend negativo iniziato con l’introduzione dei dazi e arrivato ormai al quarto mese consecutivo. È quanto rileva l’Ufficio Studi di Cia-Agricoltori Italiani sulla base degli ultimi dati Istat.
Il quadro complessivo dell’estate 2025 è netto: tra giugno e settembre, rispetto allo stesso periodo del 2024, il mercato statunitense ha assorbito 282 milioni di euro in meno di prodotti agroalimentari italiani. Una perdita che pesa sia sul comparto esportatore sia sull’intera filiera, già provata da margini compressi e costi di produzione crescenti.
La tendenza negativa incide anche sul bilancio dei primi nove mesi dell’anno. L’export agroalimentare italiano verso gli Usa passa dal +4% registrato tra gennaio e settembre 2024 all’attuale -1,2%. La dinamica positiva che aveva caratterizzato l’inizio del 2025 non è stata sufficiente a compensare il contraccolpo estivo, segnato dall’entrata in vigore dei nuovi dazi e da un cambio euro/dollaro sfavorevole.
Per Cia-Agricoltori Italiani si tratta di un segnale che non può essere ignorato. Il presidente nazionale Cristiano Fini definisce il quadro “una sirena d’allarme per l’intero sistema agroalimentare italiano”. Le imprese, spiega, stanno affrontando una pressione crescente che rischia di compromettere competitività, continuità delle forniture e capacità di programmazione sui mercati internazionali.
Secondo Fini, è necessaria un’azione immediata su più fronti, a partire da un negoziato politico e commerciale più incisivo con Washington. Occorre tutelare le produzioni italiane più esposte e garantire strumenti di sostegno transitorio alle aziende che stanno subendo la contrazione della domanda. La priorità, conclude il presidente di Cia, è “difendere anni di lavoro e di presenza costruita nel mercato statunitense, evitando che la perdita di quote diventi irreversibile”.