Alla guida della delegazione confederale il presidente Fini: “La proposta von der Leyen condanna il futuro del settore. La sicurezza siamo noi”
Una mobilitazione imponente, con 10mila produttori agricoli e centinaia di trattori arrivati da tutta Europa, ha portato oggi la Cia-Agricoltori Italiani nel cuore di Bruxelles per difendere il futuro dell’agricoltura europea. In prima linea la delegazione confederale guidata dal presidente nazionale Cristiano Fini, che ha lanciato un appello netto contro la proposta di riforma della Pac post 2027 avanzata dalla Commissione europea.
“Siamo in piazza per dire no a un’Europa che svende l’agricoltura, mette le armi davanti al cibo e compromette la sicurezza alimentare dell’Unione – ha dichiarato Fini –. Così si rischia di far chiudere, solo in Italia, oltre 270mila aziende agricole. È inaccettabile: senza una scossa politica forte e un cambio di rotta deciso si condanna il nostro futuro”.
Sotto lo striscione “Ursula, basta bugie”, la Cia ha portato una presa di posizione chiara contro una riforma che prevede il taglio del 22 per cento delle risorse, con una perdita stimata di 9 miliardi di euro per l’Italia, e la confluenza della Pac in un fondo unico, destinato a generare competizione tra settori e a minare il mercato comune europeo. Una scelta che, secondo l’organizzazione agricola, colpisce al cuore il sistema produttivo nazionale ed europeo.
Le preoccupazioni sono supportate da dati allarmanti. Le stime Cia indicano che la riforma, se confermata, potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza di quasi un terzo delle aziende agricole italiane, pari al 31,65 per cento del totale. L’impatto sarebbe pesante in tutte le aree del Paese, con una riduzione del 26 per cento al Nord, del 33 per cento al Centro e fino al 51 per cento al Sud, aggravando i divari economici e sociali e colpendo in modo particolare le aree rurali e interne. I comparti più esposti sarebbero i seminativi, l’olivicoltura e la zootecnia.
“Non si tratta di una riforma tecnica, ma di un vero cambio di paradigma – ha sottolineato Fini –. La Pac è la politica più europea che esista: per oltre cinquant’anni ha garantito reddito, stabilità, presidio del territorio e sicurezza alimentare. Smantellarla significa indebolire l’Europa”. Una scelta che appare ancora più miope nel contesto internazionale, dove grandi potenze come Stati Uniti e Cina continuano a investire massicciamente nel settore primario.

Accanto alla difesa della Pac, la mobilitazione ha rilanciato anche altre priorità per il mondo agricolo europeo: una linea più rigorosa sugli accordi commerciali, per evitare concorrenza sleale e garantire reciprocità delle regole, e una semplificazione reale che liberi le imprese da burocrazia e vincoli inutili.
“Quella di oggi non è una protesta di categoria – ha concluso Fini – ma un richiamo politico alle istituzioni europee. La Pac non è il passato dell’Europa, è una scelta strategica per il suo futuro. Senza agricoltura non c’è cibo sicuro, non c’è tutela dell’ambiente, non c’è resilienza dei territori. Bruxelles deve scegliere se stare dalla parte di chi produce. Noi continueremo a far sentire la nostra voce, con determinazione e senza arretrare di un passo”.