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Serve una strategia vera, concreta e partecipata in particolare per le aree interne: il rischio è la desertificazione sociale e produttiva di interi territori

Un piano strategico senza voce ai territori

Il 9 aprile scorso è stato approvato dalla Cabina di regia della Presidenza del Consiglio il Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne, con l’obiettivo dichiarato di contrastare spopolamento, invecchiamento della popolazione, rarefazione dei servizi. Ma in realtà, questa approvazione è avvenuta senza alcuna reale consultazione dei territori, e la Calabria, regione tra le più colpite da questi fenomeni, non può restare indifferente. I Comuni interni della nostra regione rappresentano presidi di identità, cultura, biodiversità e capacità produttiva, e non possono essere lasciati soli di fronte a decisioni calate dall’alto.

Una classificazione che penalizza il Sud

Il Piano recepisce le analisi del CNEL e del Censis, che dividono i comuni in quattro categorie, fino a quelli per cui si prevede solo un “accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”.

In Calabria, molti territori vengono così etichettati come realtà senza futuro

da assistere piuttosto che da rigenerare. Ma come si può parlare di irreversibilità per realtà che ancora oggi producono eccellenze agricole, ospitano patrimoni storici, paesaggistici e saperi antichi? Si tratta di una visione tecnica, fredda, basata su indicatori che misurano competitività e crescita, gli stessi criteri che hanno contribuito alla marginalizzazione delle aree interne.

La Calabria non si rassegna all’abbandono

Serve una svolta concreta e condivisa. Non bastano etichette, servono investimenti strutturali, servizi essenziali accessibili, sostegno all’agricoltura, incentivi alla residenzialità e all’impresa nei borghi. Le aree interne calabresi non sono un problema da gestire, ma una risorsa da valorizzare. Il rischio altrimenti è una vera e propria eutanasia dei paesi, con l’abbandono delle campagne e la scomparsa di un presidio sociale e culturale fondamentale per l’equilibrio dell’intero territorio regionale.

È per questo che, anche dalla Calabria, si alza forte l’appello promosso da intellettuali, docenti universitari, sindaci, attivisti e operatori economici per una revisione profonda del Piano strategico nazionale, che non sia l’ennesima occasione perduta.

La nostra regione ha bisogno di una politica territoriale equa, che non alimenti le disuguaglianze, ma lavori alla rigenerazione vera e possibile dei nostri paesi. Non ci sono territori senza speranza, ma solo politiche senza visione.

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