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Fini al Festival RISÒ a Vercelli: “Servono dazi aggiornati, clausola di salvaguardia automatica e una Pac attenta alle imprese per tutelare la filiera nel mercato globale”

L’Italia resta leader indiscussa della risicoltura europea, con oltre la metà della produzione totale, ma il settore è oggi sotto forte pressione, tra costi crescenti, concorrenza sleale e politiche Ue non sempre adeguate. Da Vercelli, in occasione del Festival Internazionale del Riso RISÒ e del convegno “The future of EU rice sector: a common strategy” organizzato da Masaf ed Ente Risi, il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, ha rilanciato la necessità di una strategia comune a livello europeo e di regole più eque per garantire il futuro della filiera.

Con 226 mila ettari coltivati nel 2024 e una produzione di circa 1,4 milioni di tonnellate, concentrate per il 90% tra Piemonte e Lombardia, l’Italia guida la produzione continentale. Tuttavia, la nuova stagione si apre tra difficoltà crescenti: i risicoltori devono fare i conti con costi di produzione in aumento e listini bassi, un export in calo e un’inflazione che frena i consumi anche in mercati chiave come Germania, Francia e Regno Unito. A complicare il quadro c’è l’impennata delle importazioni da Paesi terzi, salite del 17%, e l’impatto di politiche ambientali europee ritenute troppo severe e poco realistiche, in particolare per le restrizioni sui fitofarmaci.

In questo scenario, la Cia richiama l’urgenza di misure più incisive. I dazi, fermi al 2004, devono essere aggiornati per garantire maggiore equità; la clausola di salvaguardia va resa automatica, rapida e snella, così da contrastare senza ritardi le importazioni incontrollate; gli accordi commerciali internazionali devono rispettare davvero il principio di reciprocità, assicurando che anche i produttori esteri si sottopongano agli stessi standard ambientali, sociali e produttivi richiesti agli agricoltori europei. Allo stesso tempo, la Politica Agricola Comune non può subire ridimensionamenti, ma deve rafforzarsi, diventando uno strumento capace di sostenere concretamente le imprese e di investire in innovazione, comprese le nuove tecniche genomiche, per rendere il comparto più resiliente ai cambiamenti climatici e alle malattie.

I rischi maggiori arrivano dalle politiche commerciali globali. I dazi Usa potrebbero penalizzare i risi di fascia alta come quelli da risotto, mentre il trattato con il Mercosur rischia di far entrare fino a 60.000 tonnellate di riso prodotto con fitofarmaci vietati in Europa. Le continue aperture verso nuovi mercati, dall’India ai Paesi EBA come Cambogia e Myanmar che già esportano a dazio zero, stanno trasformando il riso europeo da coltura di eccellenza a semplice commodity sacrificabile.

“Non è protezionismo – ha sottolineato Fini – ma difesa da concorrenza sleale e da scelte politiche miopi. Il riso non è solo una coltura agricola: è economia, cultura, paesaggio e biodiversità. Non possiamo permetterci di sacrificarlo”.

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