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Il presidente Fini: evitare stallo del Piemonte che in 3 mesi ha abbattuto 500 dei 50mila cinghiali. Subito indennizzi per allevatori.
Bene le misure più restrittive nella zona rossa, finalizzate alla cattura e all’abbattimento dei cinghiali, come già chiesto a gran voce dal neopresidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. Restano, tuttavia, decisive la chiarezza nei provvedimenti e la rapidità nei criteri da scegliere per evitare la rapida diffusione della Peste suina africana (PSA), che potrebbe dilagare dal Lazio e invadere la Maremma e il Centro Italia, contagiando la popolazione suina nazionale. “Non si possono replicare le modalità attuate in Piemonte dove, a 3 mesi dall’ordinanza ministeriale, sono stati abbattuti solo 500 dei 50mila cinghiali stimati nell’area rossa -osserva Fini-. Resta, inoltre, fondamentale il reperimento di nuove risorse per indennizzare al 100% allevatori e agricoltori romani che si trovano nella zona sottoposta a restrizioni”. Nell’areale si stimano 10 milioni di danni per circa 200 aziende agricole: dai costi della macellazione d’emergenza dei suini al divieto di movimentazione e commercializzazione delle carni e dei foraggi. Gli allevatori avranno bisogno di risorse anche per far fronte agli interventi strutturali per la costruzione delle onerose recinzioni in materia di biosicurezza. Per questo, continua il presidente di Cia, “non sono sufficienti i 50 milioni stanziati dal Decreto governativo, risorse, peraltro, ancora non liquidate alle aziende coinvolte dalla pandemia in Piemonte e Liguria”. Fini chiede, inoltre, un diretto coinvolgimento degli agricoltori nelle decisioni che dovranno essere prese nell’immediato: “Dalla gestione degli animali selvatici alla protezione degli allevamenti, dalle programmazioni delle macellazioni dei suini -capi da abbattere anche se perfettamente sani- agli aiuti economici da destinare agli operatori, per evitare le criticità e difficoltà già vissute in questi 3 mesi nel Nord Ovest e rendere più efficace l’operatività delle nuove misure”. In Piemonte mancano ancora gli strumenti attuativi dell’ordinanza del 15 marzo, frenata di fatto dall’intervento di molte amministrazioni provinciali ed enti locali, che hanno bloccato strumentalmente gli interventi disposti. D’altra parte, il problema della fauna selvatica non si può risolvere solo con il miglioramento della gestione delle inefficienze nello smaltimento dei rifiuti nella Capitale. “Siamo ora di fronte a un’emergenza che richiede risposte straordinarie -ribadisce il presidente di Cia- come un de-popolamento selettivo dei cinghiali dell’area delimitata, senza il quale è a rischio tutta la filiera delle carni suine (1,6 miliardi il valore dell’export) e il prestigio del marchio Made in Italy nel mondo”. La presenza del virus in focolai distanti centinaia di chilometri dimostra come questo patogeno riesca, ormai, a spostarsi con facilità estrema su tutto il territorio. Già ora, senza un unico suino infetto e con la malattia circoscritta agli ungulati, Cina e Giappone hanno chiuso le frontiere ai prodotti della filiera suinicola italiana e molti altri Paesi potrebbero bloccare le transazioni commerciali finché la situazione epidemiologica non sia chiarita e le misure di contrasto alla diffusione del virus non siano attuate con efficacia.